The Great Wall
Lo avevo detto che sarei andata a vederlo e così è stato. Sono entrata al cinema ricordandomi di “vedere con occhi non velati dall’odio” (cit. Mononoke Hime) e credo, alla fine, di esserci riuscita.
Tuttavia il film è… mah… boh… si, no, forse… ecco è tutto un grande forse.
Non è né brutto né bello, perché in realtà è un film che non sa di niente. Grandi effetti speciali… “fenomenali poteri cosmici… in un minuscolo spazio vitale” (cit. Aladdin). Cioè, non è un wuxia (film di cappa e spada cinesi), nemmeno un wuxia fantasy, sicuramente è più vicino alla filmografia americana che non a quella cinese. La storia è tirata per i capelli e tenuta in piedi con lo sputo, tutto si basa su mirabolanti scene d’azione, i personaggi sono di carta velina e per farci credere che abbiano un minimo di evoluzione durante la storia (almeno il protagonista), ci deve essere un altro personaggio (l’amico) a dirlo chiaro e tondo allo spettatore, perché se no non si nota… e non si nota perché non c’è!!! Non c’è spessore in questi personaggi che rimangono banalmente uguali a se stessi per tutta la storia. L’escamotage, poi, con cui hanno cacciato un occidentale sulla muraglia cinese… bah, non so nemmeno se vale la pena parlarne.
Ma no, parliamone! Io ho delle convinzioni mie da retroscena per cui la scelta di un Matt Damon (ma poteva essere chiunque altro) è stata dettata dall’idea che l’attore occidentale famoso avrebbe attratto maggiormente un pubblico non asiatico. Pensando poi che la storia è stata scritta da occidentali, la mano di Zhang Yimou si sente pochissimo… ma anche di questo ne parleremo. Quindi, un occidentale sulla muraglia cinese… l’idea è che questo mercenario sia arrivato in Cina in cerca della polvere da sparo. Bene, perché no?, ci sta tutto. Arrivato lì, però gli sceneggiatori (e solo loro) hanno deciso che doveva avere il ruolo dell’eroe e quindi lo hanno forzatamente scritto con quel profilo, salvatore della patria, ago della bilancia in una lotta millenaria… peccato che poco c’entri questa visione con la situazione, con il personaggio, con il background in cui lo hanno inserito. Cioè… mi fai vedere un esercito che si addestra da anni solo per combattere quei mostri, diviso in reparti specializzati e perfettamente coordinati, con un numero di uomini elevatissimo a disposizione… e poi serve Matt Damon per vincere? Non è un eroe perché il suo essere “più” degli altri non emerge e perché non ha nessun “difetto fatale”. Punto, non lo dico io, lo dicono millenni di letteratura classica su che cosa si costruisce un personaggio eroico e quello interpretato da Matt Damon è un “vorrei, ma non posso”… sarà che “lo disegnano così” (cit. da Chi ha incastrato Roger Rabbit), ma Matt Damon che fa Bourne mono espressione nell’antica Cina non acchiappa, non emoziona, non convince. E per tutto il tempo io pensavo a Banderas (prima di Rosita e del Mulino) ne Il tredicesimo guerriero.
Ve lo ricordate? Un film in cui lo straniero entra in un mondo altro per fare la differenza (la scena dalla veggente…), un uomo che cambia le proprie convinzioni, ma che si relaziona con i nuovi compagni da pari, sulla base di uno scambio di culture. Ecco, quella è la crescita di un personaggio, quello poteva essere un modello se volevano fare lo straniero alla corte imperiale cinese! Ci stava, Marco Polo docet, ma se fosse stato fatto bene.
E ora veniamo al buon vecchio Zhan… la mia parte cinica si limiterebbe a commentare quanti soldi può aver preso per la regia di un film che qualunque registello americano alle prime armi avrebbe potuto fare, se non proprio uguale, per lo meno non in modo dissimile. Ripeto, la scrittura del film era tutta americana, il regista cinese gli sarà servito per andare a girare nella casa vecchia repubblica popolare, se no non si spiega. E Zhang… beh, cavoli, i soldi son soldi!
La mia parte non cinica… non riesce semplicemente a capire perché Zhang Yimou, non un regista di film di serie b, abbia accettato di girare questo film! Anche perché la sua mano non si vede e non si sente. Non ci si emoziona mai, nemmeno quando provano a far sacrificare il soldato giovane o quando muore il buon Andy Luo nel ruolo dello stratega.
Ho provato a vedere nel personaggio del comandante Lin una delle donne forti che ho spesso ritrovato nei wuxia di Zhang Yimou. Ma Lin non ha una vera e propria crescita, se non carieristica, non ha drammi interiori, non ha incertezze, non ha lacerazioni emotive… insomma è monodimensionale. ‘na tristezza! E anche quella storia dell’ideale superiore, la patria, la fiducia… seh, seh, messa lì, così, giusto per dare quattro info sul personaggio e far vedere che un po’ ci si era speso del tempo e non era solo un bel faccino con qualche coreografia di combattimento riuscita. Patetico!
Ora, io vorrei che voi tornaste al personaggi di Xiao-mei de La foresta dei pugnali volanti… ecco, quanti dubbi affronta in tre cavolo di giorni di storia? Chi non ha pianto quando i due innamorati si trovano davanti alla scelta di separarsi per sempre? Lei ti tira dentro nella storia, fai il tifo per lei e Jin, ti domandi se ce la faranno, se alla fine resteranno insieme, se invece… Ok, direte, c’è la storia d’amore. Va bene. Anche qui c’era la possibilità di sfruttare una pseudo storia d’amore tra i due personaggi, invece manco quello riescono a fare!!!
Ma sentite un po’: in Hero la storia d’amore non è così importante, specie per il protagonista, Nessuno, ma quando arriva ai famosi cento passi e… cazzo, ha un’incertezza! Quell’incertezza che si porta dietro da quando ha parlato con Spada Spezzata (“sotto un unico cielo”, avete presente?) e che lo fa scegliere, minchia!, il sacrificio… oh, ma io ho pianto!
Qui… per che cosa dovremmo ricordare il personaggio di Matt Damon? Per aver scelto l’amico al posto della polvere da sparo. Ah, no, quando decide di restare a combattere e, a proposito, manco si capisce perché decide di farlo, né tanto meno che questo è un modo diverso di affrontare le cose per lui rispetto al passato. Che roba triste!
Comunque… l’unico momento in cui ho visto un barlume dello stile di Yimou è stato nella scena del funerale, ma proprio una scena piazzata in mezzo a un mare di battaglie spettacolo e effetti speciali. Perché quello che manca a questo film è il profumo dell’oriente, la filosofia, la mentalità, l’onore, il vero grande ideale… Non è un film asiatico, ma non lo può essere. E se lo avessero ambientato al Vallo di Adriano o al muro che c’è in Palestina o a quello in Messico o dove cavolo volete, basta che ci sia un muro, sarebbe stata la stessa identica cosa. Dai, potevo ambientarlo prima della caduta del muro di Berlino, da una parte i filo-americani, dall’altra i mostri, i comunisti. Dite che sarebbe stato troppo?
Ad ogni modo… ora sembra che faccia schifissimo, invece ho iniziato dicendo che è un “forse”. Non è un film di Zhag Yimou e la Cina è stata scelta forse non proprio a caso, ma…